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Antifascismo e ordine internazionale di Federico Romero pubblicato su Italia Contemporanea n. 229 , dicembre 2002

La cultura antifascista ha costruito la propria storia per spiegare ed esorcizzare - la marginalizzazione dell’antifascismo nello scenario internazionale postbellico. Ma si tratta di una storia - o meglio di una mitologia - che non regge a uno sguardo analitico: l’antifascismo non fu messo da parte o brutalmente lacerato dall’insorgere dell’antagonismo della guerra fredda. La relazione sostiene che l’antifascismo non conteneva comunque al suo interno gli elementi basilari che sarebbero stati necessari affinché si potesse immaginare un suo ruolo attivo nella vita internazionale dopo la fine della guerra. La natura, la storia e i progetti degli stati vincitori (fossero essi socialisti o liberaldemocratici) avevano poco a che fare con l’antifascismo: per loro si trattava di una questione del passato e non del futuro, e l’antifascismo non influenzò più di tanto le loro visioni e i loro piani per il futuro. La cultura politica dell’antifascismo era anche troppo eterogenea, e troppo incentrata sulle necessità della guerra e della resistenza, per poter elaborare propri progetti sul sistema internazionale postbellico o persino sulle ricostruzioni nazionali. Infine, essa fu presto messa fuori gioco, se non paralizzata, dall’uso apertamente strumentale che i sovietici ne fecero per combattere le proprie battaglie della guerra fredda. La cultura dell’antifascismo riuscirà a difendere e preservare la rilevanza delle sue lezioni morali se e quando sarà capace di riconoscere pienamente anche le proprie limitazioni e specificità storiche.


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