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"Guerra civile" e ordine politico. L'antifascismo in Italia e in Europa tra le due guerre di Simone Neri Serneri pubblicato su Italia Contemporanea n. 229 , dicembre 2002

Il concetto di "guerra civile" è categoria interpretativa utile a restituire il conflitto fascismo/antifascismo alla storia europea della prima metà del Novecento, perché in esso coglie l’espressione della crisi dei sistemi sociopolitici ottocenteschi e nell’antifascismo un passaggio costitutivo dei processi di modernizzazione politica. Ciò è possibile restituendo alla "guerra civile" il significato di guerra tra i cittadini, che confliggono per definire l’ordine politico e costituzionale, ossia di guerra politica per eccellenza, anziché di mera guerra fratricida. In Italia, la "guerra civile" fu innescata dal fascismo, che deliberatamente ricorse alla violenza per travolgere - con l’ordine costituzionale - la ’costituzione materiale’, condizionata dal primato dei partiti popolari, e per orientare in senso autoritario corporativo il nascente sistema politico di massa. La "guerra civile" assunse in seguito un profilo europeo, sull’onda del moltiplicarsi di analoghe strategie di contrasto violento della democratizzazione e dell’espansionismo bellicista intrinseco ai regimi fascisti. L’antifascismo replicò alla strategia della "guerra civile" in ritardo e in modo discontinuo. Tuttavia, esso divenne un soggetto politico collettivo, plurimo eppure coeso, solo dove e quando seppe coniugare la lotta per la democrazia sociale con l’opposizione militante al fascismo. Questo binomio pure animò la Resistenza al nazifascismo, la seconda fase della "guerra civile europea", che in molti paesi del continente pose le fondamenta della democrazia di massa postbellica.


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