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La "mitologia del sovietico" e la crisi del 1956 di Marco Rovelli pubblicato su Italia Contemporanea n. 227 , giugno 2002

Il saggio mostra la centralità strutturale del mito sovietico nella costruzione dell’identità e dell’ideologia dei comunisti italiani nel secondo dopoguerra. L’analisi del mito così come diffuso dalla stampa comunista e il confronto di questa struttura mitologica con i riferimenti culturali riscontrati nei dibattiti della base nel corso del 1956 mostrano come esso non potesse essere ’scorporato’ dalla totalità dell’ideologia dei comunisti italiani, in quanto aveva la funzione di razionalizzare bisogni e attese che scaturivano dalla realtà italiana, e dal mondo del lavoro in particolare. Dall’analisi comparata della ’propaganda’ e della rappresentazione che emerge dalle parole dei militanti, si comprende come sia essenziale per una corretta valutazione della natura del mito sovietico la centralità che, nella sua costruzione, aveva la classe operaia. La rappresentazione del mito era data in negativo rispetto alla rappresentazione della realtà italiana: così la "barricata" ideologica, riflesso di quella che tagliava in due il mondo, era immediatamente di classe. Il concetto di campo - che non rimane a livello ideologico, ma coinvolge un’intera rappresentazione del mondo, a partire dal linguaggio - è in questo schema fondamentale. In una prospettiva diacronica, l’ultima parte del saggio torna all’analisi degli elementi strutturali del mito così come presentato dalla stampa, e mostra come esso venne rinvigorito in quanto la forza del campo socialista dava forma alla forza stessa del partito, e alla sua identità di classe.


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