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Reti culturali. L'esilio repubblicano a Portorico e Cuba di Consuelo Naranjo Orovio pubblicato su Italia Contemporanea n. 248 , settembre 2007

Quest’analisi dell’esilio spagnolo si riallaccia a precedenti studi sulle relazioni culturali, accademiche e personali avviate — sin dalla creazione della Junta para ampliación de estudios nel 1907 — con numerosi paesi, soprattutto latinoamericani. L’esistenza di rapporti culturali anteriori alla guerra civile spagnola, che diedero vita a reti scientifiche e culturali tra la Spagna e Portorico, agevolò l’arrivo e l’inserimento dell’esilio intellettuale spagnolo nell’isola. Furono queste reti, intessute da numerosi scienziati e intellettuali spagnoli con studiosi e istituzioni all’estero, e le solide e comuni ricerche che avevano raggiunto straordinari livelli già prima del 1936, a consentire, pur nel dolore e nello strappo, una continuità. Il saggio studia le ripercussioni del conflitto spagnolo sulle realtà di Portorico e Cuba, l’arrivo dei profughi e come furono ricevuti, le condizioni politiche e culturali che ne favorirono l’inserimento, i legami con le società d’accoglienza e, soprattutto, con le comunità spagnole residenti nelle due isole caraibiche, la loro partecipazione culturale e, in qualche caso, l’attività politica svolta, oltre ai diversi aspetti del percorso professionale degli scienziati, degli intellettuali e degli artisti repubblicani. A Portorico, essi esercitarono nell’università e in altre istituzioni duratura influenza su generazioni di studenti e sui centri di ricerca delle discipline umanistiche e scientifiche, in particolare rinnovando gli studi di medicina e psichiatria. A Cuba, la Escuela Libre de La Habana fu particolarmente attiva nell’inserimento degli esuli e sviluppò il progetto pedagogico elaborato in Spagna. Se per molti Cuba restò un paese di passaggio, anche per le restrizioni in materia di lavoro, il clima politico favorì l’accoglienza e, quando si delineò l’esito della guerra civile, alcuni intellettuali elaborarono progetti per dare continuità al proprio lavoro e mantenere la collaborazione tra i rifugiati.


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