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Nel nuovo Stato. L'Alto Adige e il problema dell'acquisizione della cittadinanza italiana di Stefan Lechner pubblicato su Italia Contemporanea n. 256-257 , settembre-dicembre 2009

II saggio vuoi essere un primo approccio al complesso tema della regolamentazione della cittadinanza dei sudtirolesi dopo il 1920. L'assegnazione della cittadinanza italiana ai sudtirolesi doveva avvenire sulla base del trattato di pace fra Austria e potenze alleate e associate, sottoscritto il 10 settembre 1919 a Saint-Germain-en-Laye. Il regio decreto 30 dicembre 1920, n. 1890, da un lato disciplinava l'attuazione del trattato di pace, cioè il riconoscimento della cittadinanza di pieno diritto e la sua acquisizione attraverso l'esercizio del diritto di opzione, dall'altro definiva la modalità di acquisizione della cittadinanza — mediante presentazione di apposita domanda, indipendentemente da quanto stabilito dal trattato. Dal punto di vista professionale, la categoria degli optanti si componeva principalmente di impiegati pubblici, quali ferrovieri, lavoratori del servizio postale o insegnanti, che spesso erano originari di altre regioni della monarchia danubiana. Il Commissariato generale civile a Trento aveva assicurato nell'estate del 1921, allo scadere del termine utile per la presentazione, che le domande sarebbero state esaminate "con la dovuta liberalità", a meno che gravissimi motivi non lo impedissero. Tuttavia, a giudicare dai risultati, ciò non accadde. Se nella primavera del 1922 parve delinearsi per i sudtirolesi una situazione più favorevole all'accoglimento delle domande, nei fatti moltissime furono quelle respinte e i conseguenti ricorsi. Sulla questione, il fascismo assunse dall'inizio un atteggiamento di intransigenza e, una volta preso il potere, la valutazione della condotta politica del candidato divenne sempre più importante. Solo nel 1925 venne fatta definitivamente chiarezza sulla cittadinanza dei postulanti.


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