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Grande guerra e storiografia. La Storia economica e sociale delle Fondazione Carnegie di Fabio Degli Esposti pubblicato su Italia Contemporanea n. 224 , settembre 2001

La storiografia economico-sociale sulla grande guerra conobbe una prima e importantissima stagione negli anni immediatamente successivi al conflitto grazie agli studi promossi dalla Carnegie Endowment for International Peace, che seppe coinvolgere nell’iniziativa parecchie personalità di spicco del mondo politico, economico e culturale europeo, con risultati di grande rilievo: quasi 150 volumi pubblicati, che rappresentano ancor oggi punti di riferimento essenziali. Grazie a documentazione proveniente da diversi archivi, in particolare l’Archivio di Luigi Einaudi e l’Archivio centrale dello Stato, il saggio ricostruisce le linee essenziali della genesi e organizzazione generale della "Storia economica e sociale della guerra mondiale", e analizza le vicende editoriali della collana italiana: dalle fasi iniziali, che videro protagonisti uomini come Luigi Luzzatti e Maffeo Pantaleoni, all’ingresso di Luigi Einaudi alla guida del comitato editoriale. L’autore si sofferma sia sulla questione della ricerca dei collaboratori per i diversi studi sia su quella, di vitale importanza, dell’accesso alle fonti. Proprio all’analisi di questi problemi è legata l’attenzione rivolta alle vicende dell’Ufficio storiografico della mobilitazione, organismo che già durante la guerra aveva intrapreso la raccolta di fonti e materiali, e concepito un ambizioso programma editoriale, rimasto tuttavia irrealizzato. Un ruolo centrale ha poi lo sviluppo delle singole monografie, soprattutto di quelle che ebbero il percorso più travagliato: in qualche caso per le diverse valutazioni espresse dagli autori — alcuni dei quali avevano aderito al fascismo — rispetto alle posizioni liberali sostenute dalla Fondazione Carnegie, che non mancò quindi di censurarle; nel caso di Einaudi, al contrario, l’uomo politico piemontese dovette impegnarsi nel cercare di esprimere valutazioni su guerra e dopoguerra che, pure accettabili per il regime fascista, non deflettessero dalle sue idee liberali.


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