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Antifascismo e storia d'Italia di Leonardo Rapone pubblicato su Italia Contemporanea n. 212 , settembre 1998

Si discute molto dell’ideale antifascista, ma poco dell’antifascismo come movimento reale. L’antifascismo in passato era studiato all’interno di un contesto etico-politico che lo assumeva come fonte di legittimazione dello stato repubblicano; quando si è attenuato il senso della continuità tra passato e presente della democrazia italiana non sie è riusciti a ripensarlo ponendolo in rapporto innanzitutto con il suo tempo storico. Fino agli anni settanta si soleva vedere nell’élite antifascista l’interprete di sentimenti di estraneità ben più estesi Successivamente ciò venne messo in discussione non solo da De Felice, ma anche da studiosi di diverso orientamento, per i quali (Quazza) l’antifascismo manteneva un valore esemplare nell’opacità del quadro generale. Recentemente una nuova dicotomia si è presentata nelle proposte interpretative di Zunino e De Luna. Entrambi insistono sulla dimensione ristretta dell’antifascismo che il primo legge come segno di impotenza e di cui il secondo coglie invece il lato eroico rispetto alla mediocrità del paese. Entrambi però disegnano un quadro in cui risalta la separazione tra paese e antifascismo, sicché la storia di quest’ultimo risulta ’altra’ da quella delle correnti che determinano lo svolgimento della storia d’Italia. L’antifascismo dovrebbe essere ripensato come uno dei modi di essere della società italiana durante il fascismo, riconoscendo che, la di là del cerchio rappresentato dagli oppositori più decisi, è possibile individuare un’area più vasta in cui i soggetti , che pure accettano il monopolio fascista del potere, tentano di ricavarsi nella società spazi di autonomia dalla politica.


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