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Un difficile incontro. Esercito e politica in Italia 1945-1948 di Andrea Argenio pubblicato su Italia Contemporanea n. 250 , marzo 2008

La fine della guerra, l’instaurazione di uno Stato democratico e l’entrata in vigore della Costituzione posero nuove problematiche agli alti comandi militari dell’esercito. Rispetto alla larga autonomia concessa alle forze armate dai regimi precedenti, la carta costituzionale indicava la via di uno stretto controllo politico sulle forze armate in quanto la classe politica postfascista aveva un atteggiamento diffidente nei confronti del mondo militare, tanto che cercò, durante gli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, pur nel rispetto dell’autonomia di ogni burocrazia, di controllarlo. Non fu facile ricostruire un nuovo esercito in quanto al mondo politico interessavano non tanto nozioni di carattere tecnico-strategico, ma, più semplicemente, che le forze armate restassero fuori dall’agone politico o che fossero disponibili a intervenire in situazioni che potessero mettere in difficoltà l’integrità e la tenuta dello Stato. La reazione a questo sentimento di estraneità spinse gli Stati Maggiori a far arrestare la politica fuori dalle caserme rinchiudendosi in un tecnicismo scevro da qualsiasi accenno alla politica stessa. Questo atteggiamento venne assecondato incoraggiando una graduale forma di autogoverno da parte delle forze armate che determinò una disattenzione crescente verso i fenomeni di clientelismo e burocratizzazione che colpirono l’organismo negli anni a seguire. Le forze armate però non possono essere considerate avulse dal contesto nel quale operano e il presente contributo mira a illustrare lo stretto legame che, in democrazia, intercorre tra élite militari e politiche.


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