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La presenza italiana in Albania 1918-1920 di Giovanni Villari pubblicato su Italia Contemporanea n. 256-257 , settembre-dicembre 2009

L'Albania, paese che aveva guadagnato da pochi anni l'indipendenza e dall'ancor fragile e instabile assetto istituzionale, fu dapprima teatro di battaglia tra diversi avversari nella prima guerra mondiale, e in seguito al centro delle dispute nel gioco delle contrapposte mire espansionistiche dei vincitori dal conflitto. L'Italia, che al termine della guerra occupava buona parte del suolo albanese, nonostante l'opera nel complesso positiva svolta dalle proprie truppe, pagò a caro prezzo le incertezze della sua politica estera, ora volta a garantire l'indipendenza, sotto protettorato, del piccolo paese adriatico, ora tesa a spartirlo accontentando la Grecia e il neonato Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni (Shs). Gli interessi strategici ed economici italiani, sviluppatisi già negli anni della Triplice, dovettero scontrarsi con l'accresciuta consapevolezza nazionale albanese, maturata nel corso dei primi esperimenti di autogoverno, quando ancora la guerra era in corso. Essa, unita alle difficoltà interne italiane del periodo postbellico, portò al tragico epilogo della ritirata delle truppe del regio esercito nel campo trincerato di Valona, ben presto abbandonato sotto la pressione delle forze albanesi. Le conseguenze negative degli anni del primo dopoguerra si sarebbero fatte sentire in seguito sia nelle relazioni bilaterali italoalbanesi, il cui patrimonio di fiducia era ormai andato perduto, sia in quelle con la Grecia e il Regno Shs, poi Jugoslavia, per l'irrisolta questione dei confini.


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