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Fra totalitarismo e internazionalismo. Cattolici e nazione prima e dopo la seconda guerra mondiale di Agostino Giovagnoli pubblicato su Italia Contemporanea n. 216 , settembre 1999

La seconda guerra mondiale ha indubbiamente segnato una cesura nel rapporto tra gli italiani e la "nazione". Occorre tuttavia distinguere tra "imperialismo fascista", sentimenti nazionalistici, senso di identità nazionale, atteggiamenti verso lo Stato. Non tutto cambiò subito e definitivamente: un diffuso sentimento nazionalistico, ad esempio, fu presente anche nell’Italia del dopoguerra. Nelle trasformazioni dell’atteggiamento degli italiani verso la nazione, un ruolo rilevante è stato svolto dalla Chiesa, largamente sentita come unica istituzione nazionale ancora valida dopo il crollo del regime e la crisi della monarchia. Ma, a sua volta, questa influenza ha risentito dell’evoluzione, determinatasi nel corso del Novecento, dell’atteggiamento cattolico verso la nazione. Dopo l’entusiasmo patriottico che favorì in Italia la riconciliazione tra cattolici e stato nazionale durante la prima guerra mondiale, la Chiesa mostrò apprezzamento verso il "nazionalismo moderato", spesso collegato a orientamenti autoritari e anticomunisti. Ma Pio XI divenne sempre più critico verso il totalitarismo nazista e nell’enciclica mai pubblicata Humani generis unitas viene esplicitamente condannato il nazionalismo totalitario. Durante la guerra, il senso dell’unità del genere umano e un atteggiamento critico verso il conflitto in corso divennero sempre più diffusi tra i cattolici, determinando una crescita delle loro propensioni "internazionalistiche" e un progressivo distacco dal nazionalismo, tendenze che emersero come prevalenti anche nella riflessione cattolica subito dopo la guerra, in particolare nella XIX Settimana sociale dei cattolici d’Italia, tenuta a Firenze nel 1945. Questo percorso favorì anche il distacco dei cattolici da posizioni autoritarie connesse al sentire nazionalistico, spingendoli verso un’idea di nazione intesa come popolo chiamato, attraverso gli strumenti della democrazia, a impedire nuove disastrose avventure belliche dei propri governanti.


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