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Crisi e vitalià di un paradigma 1986-1994 di Massimo Legnani pubblicato su Italia Contemporanea n. 213 , dicembre 1998

Il cinquantesimo della liberazione non può configurarsi come una scontata ricorrenza anniversaria — questa la tesi dell’autore, che auspica un forte investimento di risorse, culturali e materiali, perché le ricerche sulla Resistenza possano puntualizzarsi e consolidarsi. Ciò risulta improrogabile se si intende ripercorrere l’intero cinquantennio in una contingenza che registra in ambito politico la vittoria del Polo alle elezioni del 1994, e in ambito scientifico il consolidarsi del revisionismo defeliciano, che ha proposto una lettura dell’antifascismo e della Resistenza troppo strumentali al presente. La lettura di De Felice ritrova nella frantumazione politica e ideologica resistenziale e nella politica lottizzatrice del Cln l’anticipazione di mezzo secolo di storia della repubblica; accusa il Pci di essere stato, durante la Resistenza e dopo la liberazione, il protagonista di un opportunismo machiavellico per l’elasticità con cui si mostrava ossequioso alle regole democratiche, mentre teneva in vita un apparato militare pronto a cogliere ogni opportunità sovversiva. L’autore replica richiamando a una più puntuale contestualizzazione del fatto storico. Ciò ha contraddistinto molte ricerche, che hanno messo a fuoco questioni di grande spessore storiografico, quali: i lavori dei vari Istituti della Resistenza che negli anni settanta hanno privilegiato i rapporti fra Resistenza e storia locale; quelli di Guido Quazza negli anni ottanta, che hanno messo a fuoco la cifra esistenziale, e non solo politica, dell’antifascismo; quelli di Claudio Pavone negli anni novanta, che ha considerato la Resistenza come la somma di “tre guerre” (nazionale, civile, di classe). Ciò a sostegno di una complessità dell’evento resistenziale sul quale anche la cultura comunista e molti storici della sinistra sono stati latitanti, lasciando spazio alle tesi revisionistiche. L’evento celebrativo dovrebbe richiamare le istituzioni ad attuare una politica culturale tesa a incentivare e a valorizzare la ricerca in questo settore, piuttosto che accontentarsi di magniloquenti affermazioni di principio, sterili nei contenuti e nei risultati. (m.z.)


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