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Abstracts della rivista

Abstract del numero 217, dicembre 1999
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  • Antonio La Penna Il culto della romanità nel periodo fascista. La rivista pubblicato sul numero 217 di Italia contemporanea, dicembre 1999 Abstract: Il culto della romanità viene illustratto attraverso la rivista "Roma", che, pur essendo stata progettata prima, iniziò le pubblicazioni nel 1923 e aderì rapidamente al fascismo. Animatore dell’impresa fu, più dei suoi direttori, il cultore di storia dell’arte italiana Carlo Galassi Paluzzi. Dal 1925, "Roma" fu organo ufficioso dell’Istituto di studi romani, che svolse una notevole attività di organizzazione intellettuale e fu luogo d’incontro fra la cultura cattolica più tradizionalista, quella nazionalista e quella fascista. Tematica della rivista non fu solo la Roma antica, ma anche la Roma medievale e moderna. Il culto della romanità professato dalla rivista propugna, con semplificazioni deformanti, la continuità tra la Roma imperiale e la Roma fascista. Il richiamo alle conquiste romane è talvolta al servizio di pretese nazionalistiche e in seguito incoraggia e giustifica le conquiste coloniali: in questa ottica, la conquista dell’Etiopia è vista come il ritorno dell’impero romano e il duce è glorificato come un nuovo Cesare o un nuovo Augusto. Notevole fu l’impegno della rivista nel sostenere l’originalità della letteratura latina; tuttavia gli studi più interessanti furono quelli volti a dimostrare l’originalità della Roma antica nelle arti figurative. Quest’ultima viene celebrata come realizzazione di valori perenni di cui si afferma l’attualità: obbedienza all’autorità, disciplina, dedizione alla patria, amore della famiglia, equilibrio delle facoltà dell’uomo, realismo, ecc. Si creano artificiali analogie fra le corporazioni fasciste e le corporazioni romane antiche. La rivista diede anche un sollecito sostegno alla difesa della cultura classica nella scuola e all’incremento nello studio del latino in Italia e all’estero. Molti i collaboratori, fra i quali Bottai, alcuni contributi del quale sono molto utili per conoscerne la cultura e gli orientamenti negli ultimi anni del fascismo.


  • David W. Ellwood L'antiamericanismo in Europa. Una prospettiva comparata pubblicato sul numero 217 di Italia contemporanea, dicembre 1999 Abstract: L’antiamericanismo, in quanto fenomeno culturale e psicologico, può essere definito dalla sua storia, o piuttosto da uno studio dell’evoluzione di tutte le più diffuse forme di antagonismo alla nazione, al popolo, alla civilizzazione degli Stati Uniti e alle iniziative prese da questi ultimi nel mondo. L’articolo identifica quattro radici dell’antiamericanismo e le esamina così come si sono storicamente presentate: le rappresentazioni; le immagini e gli stereotipi (dalla nascita della repubblica americana); l’esperienza collettiva condivisa (dall’epoca dell’immigrazione di massa); la sfida del modello americano di modernizzazione (dagli anni venti); la proiezione organizzata del potere economico, politico e culturale americano (a partire dalla seconda guerra mondiale). Le manifestazioni del fenomeno negli ultimi cinquant’anni sono state caratterizzate da combinazioni sempre mutevoli di questi fattori, la cui configurazione è dipesa da crisi interne ai gruppi e alle società in cui esse si producevano come anche da qualsiasi cosa abbia fatto, detto o prodotto la società americana, in ogni suo settore. Con l’ascesa della potenza americana, dopo il 1945, è avvenuto il cambiamento decisivo, ma senza i tre elementi sopra indicati — antecedenti e pretesti forniti dalla storia — questo sviluppo di per sé non avrebbe mai provocato o attirato i risentimenti, le invidie, gli antagonismi che si sono espressi nell’antiamericanismo classico.


  • Emilio Franzina Le risorse dell'etnia e i doni della politica. Approssimazioni sugli italiani all'estero pubblicato sul numero 217 di Italia contemporanea, dicembre 1999 Abstract: Il quadro dei rapporti intercorsi fra gli italo-americani e la politica è a tutt’oggi lacunoso e oscuro sia per la difficoltà di pervenire a una precisa definizione della loro identità nel corso del tempo (emigranti, immigrati, italo-americani di seconda, terza generazione e americani di origine italiana), sia a causa dei ritardi accumulati dalla ricerca in molti dei paesi interessati. Il presente saggio si concentra sul caso dell’emigrazione transoceanica e dei suoi lasciti negli Usa e in tutta l’America Latina, sottolineando l’opportunità di ricostruire le diverse fasi del coinvolgimento degli italo-americani nella lotta politica dei luoghi di nuova residenza con particolare attenzione ai fattori etnico culturali che le caratterizzarono, le promossero o le resero possibili, nonché alla volontà delle leadership delle maggiori collettività urbane d’oltreoceano (New York, Buenos Aires, Sao Paulo) di mantenere comunque un collegamento con gli "interessi" dell’antica madrepatria. L’autore incoraggia a ripensare la storia delle relazioni fra gli italo-americani e "la politica", intesa anche come politica estera così dell’Italia come dei rispettivi paesi di adozione, sullo sfondo di una concezione dinamica ed evolutiva dell’eredità etnica, messa in dubbio invece, negli ultimi tempi, dalla linea di pensiero decostruzionista. Discutendo l’idea, sostenuta in specie da Richard Alba, dell’irreversibile crepuscolo di una identità appunto italo-americana, vengono ripercorse le tappe e le questioni più rilevanti del concreto processo di politicizzazione conosciuto fra Otto e Novecento dal gruppo immigratorio italiano e dalle sue composite discendenze in America. La parabola del "voto etnico" e le varie forme di partecipazione alla lotta politica anche al di là dell’agone elettorale vero e proprio (l’associazionismo mutualista, professionale, ricreativo, culturale, massonico eccetera, le contese sindacali e di fabbrica, gli scontri condizionati dalle stesse vicende "esterne" tra fascismo e antifascismo) stimolano un riesame dell’inserimento e della progressiva "americanizzazione" di cinque o sei generazioni di italo-americani, sino a rilevare alcune differenze non secondarie nell’evoluzione di tali esperienze da un lato in Usa e in Canada e dall’altro nei maggiori paesi dell’America Latina.


  • Giulio Petrangeli I Partigiani della pace in Italia 1948-1953 pubblicato sul numero 217 di Italia contemporanea, dicembre 1999 Abstract: Il saggio analizza l’esperienza italiana dei Partigiani della pace, un movimento pacifista internazionale originale e composito, sviluppatosi durante la prima fase della "guerra fredda", che la storiografia ha generalmente sottovalutato o declassato a fenomeno strumentale, generato e guidato dal blocco comunista. Privilegiando l’ottica interna, grazie anche all’utilizzo delle carte di Emilio Sereni — animatore e guida del Comitato italiano —, l’autore ricostruisce i rapporti con i partiti comunista e socialista nonché le attività culturali e politiche del movimento, caratterizzate da un problematico, a volte sofferto, ma in ogni caso intimo legame con il Pci e con l’Unione Sovietica. Stretti tra dipendenza ideologica e organizzativa dai partiti della sinistra e desiderio di autonomia, i Partigiani della pace rappresentano comunque una significativa risposta ‘di massa’ alla escalation della crisi internazionale, culminata nella costituzione del Patto atlantico e intensificata dalla guerra di Corea. Accanto alla condanna politica della divisione del mondo in blocchi contrapposti e del pericolo di uno sbocco militare, il movimento svolse una battaglia più propriamente culturale ed etica contro la nuova, terribile e risolutiva prospettiva della guerra atomica. La novità e l’originalità delle lotte pacifiste contro la bomba atomica e più in generale contro il "pericolo di una nuova guerra" favorirono la diffusione di una prassi politica non rivolta ad una specifica classe sociale, ma aperta a problematiche di ampio respiro, che coinvolgevano — per dirla con uno slogan dell’epoca — "le sorti dell’umanità stessa". La partecipazione di personaggi del mondo artistico, letterario e scientifico ad iniziative e manifestazioni del movimento permise inoltre a quest’ultimo di far presa su larghi e differenziati strati sociali e di assumere un carattere di massa sin dai suoi esordi.

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