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Il 2 agosto: Il Porrajmos dimenticato

Lug 30, 2021 | Radio Milano Europa

di Chiara Nencioni

Il Porrajmos, letteralmente “inghiottimento”, “grande divoramento” o “devastazione” è il termine della lingua romanès con cui Rom e Sinti e Camminanti hanno denominato la persecuzione da loro subita durante il fascismo e lo sterminio del proprio popolo perpetrato dai nazisti e dai loro alleati durante la Seconda guerra mondiale (anche se le discriminazioni e la segregazione iniziarono almeno 40 anni prima). Questo disegno omicida è definito da Rom e Sinti anche con il termine SAMUDARIPEN, che significa letteralmente “tutti uccisi”. La stima delle vittime si aggira fra i 220.000 e i 500.000, quindi circa il 25% della popolazione Rom complessiva presente in Europa tra le due guerre, in altre parole, un Rom su quattro, vivo prima della guerra in Europa, è risultato vittima delle persecuzioni naziste.

Ma chi lo ricorda? Chi lo celebra?

Sì, esiste, come è noto, una data: il 27 gennaio, cioè il Giorno della Memoria, istituito dall’ONU con la risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005. L’Italia aveva già istituito per quella stessa data la Giornata della Memoria grazie alla Legge n. 211 del 20luglio 2000 per ricordare lo sterminio del popolo ebraico – la Shoah -, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione politica, la prigionia militare, la morte. Nonché coloro che anche in campi e schieramenti diversi si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Il legislatore si è dimenticato però di commemorare anche i 500mila rom e sinti vittime del genocidio. Uno sterminio sconosciuto e dimenticato anche nelle aule del Parlamento.

Così per ricordare Rom, Sinti, Camminanti è stato necessario, in una frammentazione della memoria, cercare una nuova data. L’accordo internazionale per la giornata europea di commemorazione dell’olocausto dei Rom ha individuato il 2 agosto (si noti che è in piena estate, quando molte istituzioni e tutte le scuole e le università sono chiuse, e in Italia si celebra anche la strage della stazione di Bologna!) perché nella notte fra il 2 e il 3 agosto 1944 2,987 Rom (cifra che pare stimata molto al ribasso sulla base dell’ultimo conteggio del 2019), soprattutto donne, bambini e anziani furono sterminati con il cosiddetto progetto di liquidazione dello Zigeunerlager di Birkenau.

Pietro Terracina, un ebreo sopravvissuto a quel campo di sterminio e recentemente scomparso, era a quei tempi deportato ad Auschwitz-Birkenau in un settore confinante con lo Zigeunerlager. E dobbiamo a lui sia il ricordo della straordinaria vivacità di quella gente, “zingara” anche per la presenza di bambini, alcuni dei quali erano nati nel lager, sia la testimonianza straziante di ciò che avvenne la notte fra il 2 e il 3 agosto: “Me ne stavo rinchiuso nella mia baracca, quando udii per un paio d’ore dal settore attiguo ordini secchi in tedesco, l’abbaiare di cani, qualche colpo di arma da fuoco, grida e pianti a cui fece seguito un agghiacciante silenzio e il bagliore di fiamme altissime provenienti dal crematorio.” Altre due testimonianze sono di Luigi Sagi e Liana Millu, ebrei italiani deportati che, come Piero Terracina, erano internati vicino allo Zigeunerlager a Birkenau e che assistettero in prima persona allo sterminio delle ultime persone rom e sinti sopravvissute ad Auschwitz. Il momento più toccante è quando Luigi Sagi racconta del silenzio che c’era nel campo la mattina dopo “ed è in quel momento che mi accorsi di essere in un campo di sterminio; era un orrore inimmaginabile”. La mattina del 3 agosto 1944 si resero conto di essere le vittime designate di un tentativo di genocidio. Quella notte tutte e tutti sinti e rom erano stati divorati. Curiosa storia quella della memoria degli zingari divorati dalle fiamme nello Zigeunerlager: sappiamo del loro inghiottimento grazie ad un ebreo e sappiamo dei loro nomi perché nascosti in un secchio da un prigioniero polacco, Tadeusz Joakimoski. Testimonianza che anche nel lager l’humanitas può sopravvivere e assumere in seguito il compito di testimoniare quanto è venuto.

L’8 ottobre di questo anno, proprio su pressione della Germania, l’HIRA, International Holocaust Remembrance Alliance, ha redatto una definizione di antiziganismo (non ancora tradotta in italiano):

“manifestazione di espressioni ed atti individuali, di politiche istituzionali, di pratiche di emarginazione, esclusione, violenza fisica, svalutazione della cultura e dello stile di vita Rom, dei discorsi di odio diretti contro i Rom, dalla persecuzione durante l’era nazista ad oggi. Questo porta a trattare i Rom come un Gruppo alieno alla società e ad associarli ad una serie di stereotipi negativi e ad immagini distorte riconducibili al razzismo”.

Questa definizione, per quanto importante, è nata già con un peccato originale: non aver interpellato i rappresentanti delle comunità Rom. Inoltre è troppo generica e falla nell’equiparare la persecuzione nazista (che in realtà fu un vero genocidio) agli hate speech e alle politiche discriminatorie odierne. Tuttavia è un passo avanti che un’organizzazione internazionale sull’Olocausto che riunisce 34 paesi nel mondo, abbia finalmente considerato anche l’olocausto dimenticato dei Rom.

Perché è importante ricordare e celebrare il 2 agosto?

Questa giornata della memoria assume un particolare significato in quanto del genocidio di queste etnie si parla ancora troppo poco e per molto tempo è stato oggetto di un vero e proprio negazionismo. Negli atti del processo di Norimberga rom e sinti vengono a malapena menzionati e, anche sul piano della memoria storica, le testimonianze dirette sono tutte orali. La giornata non vuole dunque avere un valore semplicemente commemorativo ma al contrario intende mantenere alta l’attenzione sulle varie forme di persecuzione e di discriminazione di cui rom e sinti sono ancora oggi oggetto.

Recentemente qualche iniziativa istituzionale in Italia per ricordare il Porrajmos è stata presa:

Il 2 Agosto 2010 l’UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale, che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento per le pari opportunità, in collaborazione con Formez PA, ha proposto un “viaggio virtuale nella storia e nell’antiziganismo”. Il viaggio ha raccontato storie di antiziganismo, persecuzione e memoria, entrando in diretta nel Museo Memoriale di Auschwitz e attraversando il campo di sterminio di Birkenau, con la guida di Michele Andreola. Sono state trasmesse le testimonianze dirette di vittime dell’antiziganismo nazista e fascista, come quella di Rita Prigmore, Sinta tedesca, prelevata appena venuta alla luce insieme alla sorella Rolanda e sottoposta alle sperimentazioni mediche dell’équipe del dottor Heyde. La testimonianza di Goffredo Bezzecchi, deportato Rom italiano finito nel campo di Tossicia, diventato campo di concentramento specifico per chiunque fosse riconosciuto come zingaro. È lui ad essere stato il primo Rom italiano ad avere avuto un riconoscimento istituzionale: la targa d’argento del Senato nel 2018.

E in Europa?

Nel 2012 in Germania la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente Joachim Gauck hanno inaugurato a Berlino il monumento dedicato ai 500 mila rom e sinti uccisi dal nazifascismo nei giardini del Tiergarten, non lontano dal monumento dedicato alle vittime della Shoah del 2005, e a quello dedicato alle vittime omosessuali del 2008. Ma già il monumento è in pericolo: si parla, infatti, di rimuoverlo per costruire una nuova linea della metropolitana. Il memoriale disegnato nel 1992 dall’artista israeliano Dani Karavan è costituito da uno specchio d’acqua rotondo circondato da pietre rotte. Al centro galleggia una piattaforma triangolare su cui ogni giorno viene poggiato un fiore fresco. L’iscrizione sul monumento è tratta dalla poesia Auschwitz, scritta dal professore, artista e poeta italiano di origini rom, Santino Spinelli.

 

Auschwitz

Faccia incavata
Occhi oscurati
Labbra fredde.
Silenzio.
Cuore strappato
Senza fiato
Senza parole
Nessun pianto.

 

In conclusione, celebrare il Porrajmos è un passo avanti nella conoscenza delle discriminazioni di cui il popolo Rom è stato a lungo vittima e della feroce persecuzione nell’ottica di pulizia etnica perpetrata dai nazisti (ma non dimentichiamo anche i campi per zingari italiani) a oltre 75 anni da quell’evento che non trova ancora quasi mai traccia neppure nei manuali di storia. E’ importante conoscere il Porrajmos ancora di più in Italia, dove certamente le politiche sempre più xenofobe e razziste non aiutano e dove si registra ancora adesso il più alto livello di discriminazione nei confronti di queste minoranze etniche e linguistiche, che tuttavia sul territorio nazionale costituiscono soltanto lo 0,02% della popolazione totale. E’ quindi insensato parlare, come si è troppo soliti fare, di invasione rom.

Tuttavia, anziché creare memorie divise e numerose giornate dedicate alla memoria di varie categorie di vittime o martiri, è importante stimolare una memoria comune che si basi su percorsi di conoscenza dei fatti, al di là dei particolarismi etnici o di parte. È doveroso ricordare il genocidio di rom e sinti in Europa, ma è importante inserirlo nella storia comune delle varie popolazioni, gruppi etnici, categorie sociali e politiche perseguitate dal totalitarismo nazista. E’ perciò importante che si menzioni il porrajmos nella legge nazionale n.211 del 2000 che fa del 27 gennaio «il Giorno della Memoria». La memoria della distruzione e della negazione della vita umana non va perpetuata in nome di riferimenti razziali o attraverso memorie diverse e distinte.

Mi piace concludere con le parole della senatrice a vita Liliana Segre, pronunciate nel 2018: “la Shoah degli ebrei e il Porrajmos dei popoli nomadi sono parte di uno stesso progetto disumano. Io ricordo, perché io c’ero; c’ero in quei campi di sterminio in cui, insieme agli Ebrei, anche altre minoranze vennero annientate. Tra queste, il gruppo più numeroso era proprio quello degli appartenenti alle popolazioni Rom e Sinti”.