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L'Ordinariato militare dal fascismo alla guerra fredda di Mimmo Franzinelli pubblicato su Italia Contemporanea n. 233 , dicembre 2003

Il saggio ricostruisce l’attività dell’Ordinariato militare d’Italia, istituzione preposta all’assistenza spirituale alle forze armate italiane, ovvero all’assegnazione dei cappellani militari in tempo di pace e di guerra. Guidato dall’arcivescovo Angelo Bartolomasi, l’Ordinariato appoggiò lo sforzo bellico legittimando l’espansionismo fascista alla luce di un cattolicesimo militarista e militarizzato. La piega negativa assunta dal conflitto diminuì la presa dei cappellani sulla truppa e indusse i religiosi a riorientare le proprie tematiche da una spiritualità aggressiva (il Dio degli eserciti e delle vittorie) a una spiritualità sofferta e improntata alla difesa della Patria. Dopo la caduta di Mussolini la Santa Sede si convinse dell’opportunità di un ricambio ai vertici dell’Ordinariato e monsignor Bartolomasi fu sostituito da un prelato immune da compromissioni politiche: monsignor Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone, la cui priorità fu la salvaguardia dell’istituzione ecclesiastico religiosa, notevolmente ridimensionata e criticata da più parti. Negli anni della ricostruzione l’arcivescovo militare contestò l’opzione repubblicana di De Gasperi e la sua politica di collaborazione con i partiti laici. Convinto assertore di una linea politica rigorosamente centrista, monsignor Ferrero sostenne l’opportunità della riforma maggioritaria della legge elettorale, ma quando - alle elezioni generali del giugno 1953 - la Dc e i suoi alleati mancarono l’obiettivo della maggioranza assoluta, il presule si dimise. Il nuovo ordinario militare, monsignor Arrigo Pintonello, era orientato in senso filofascista e impegnò l’organizzazione da lui diretta in una serie di compiti di natura schiettamente politica, inclusa la collaborazione dei cappellani alla schedatura dei soldati di sinistra.


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