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La mobilitazione civile in Italia 1940-1943 di Paola Ferrazza pubblicato su Italia Contemporanea n. 214 , marzo 1999

L’organizzazione della mobilitazione civile e del fronte interno ebbe inizio negli anni venti e proseguì sino alla caduta del fascismo. La pronta mobilitazione delle risorse economiche, alimentari, umane e "spirituali" venne a lungo programmata e mai realizzata. Allo scoppio della guerra la mobilitazione dei civili apparve superflua; a partire dalla metà del 1941 divenne necessaria ma non ancora predisposta all’avvio; solo nel 1942 venne mobilitata una parte della popolazione. Anche l’organizzazione del fronte interno fu a lungo trascurata. Lo Stato si limitò ad inasprire le leggi penali per far rispettare un’inesistente disciplina di guerra. La perdita di controllo sulle dinamiche dei prezzi e dei salari generò un fenomeno di ampia mobilità nel mercato del lavoro, cui si tentò di porre rimedio tramite i decreti del duce di mobilitazione civile. L’economia di guerra fece esplodere contemporaneamente un fenomeno di rigidità nel mercato del lavoro italiano, pericolosamente carente di manodopera specializzata. I numerosi tentativi del ministero delle Corporazioni e dell’ex Commissariato per le migrazioni e la colonizzazione di gestire l’esiguo numero dei lavoratori qualificati fallirono continuamente. Secondo le fonti ufficiali, nell’ottobre del 1942 il numero dei mobilitati raggiunse i due milioni e mezzo con oltre 180.000 precettati civili. Nel dicembre dello stesso anno i mobilitati superarono i cinque milioni. Tuttavia la mobilitazione non era avvenuta secondo gli ambiziosi progetti fascisti. Con il presente saggio si propone una ricostruzione ed una riflessione sulle diverse fasi e sulle evidenti contraddizioni della programmazione e della gestione della mobilitazione civile durante i primi tre anni della guerra.


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